PAOLA TURCI

È il 1986. Sulla scia di un filone inaugurato all’estero, anche da noi crescono le quotazioni della canzone al femminile che porterà al successo il rock irruento ed internazionale di Gianna Nannini, il folk dai risvolti partenopei di Teresa De Sio, la maestria interpretativa di Fiorella Mannoia. Tra la pancia finta della Bertè, l’abitino da dama del Settecento di Rettore e il nude-look della Oxa, Paola Turci, al suo debutto sul palcoscenico del Festival di Sanremo avvolta in un semplicissimo tubino nero, fa capire subito di voler fare affidamento sul brano e sull’interpretazione piuttosto che sul look. Ma per il suo brano, L’uomo di ieri, un “viaggio nella memoria” struggente e delicato arriva dalle giurie una clamorosa bocciatura. Eppure l’esordio della ventunenne interprete (e in seguito anche cantautrice) romana non passa inosservato: la cerca Ruggeri, la trova Cocciante che scrive per lei Quanto ho tenuto ai miei pensieri, e Barbarossa la vuole al suo fianco in tour per l’Italia. Per Paola è solo il primo mattone di una lunga seppure intermittente carriera, costruita disco dopo disco, concerto dopo concerto, Sanremo dopo Sanremo. Per questa encomiabile capacità di restare sulla scena dell’Italia musicale, e non solo festivaliera, a fronte della sparizione di tante ex primedonne, c’è chi è arrivato a definirla “l’onesta gregaria del pop (…) diligente, solerte, dignitosamente operaia come l’Italia del Mondiali ’86”.