CANTO DI UN IMMIGRATO ALLA TERRA ADOTTIVA

PONTE 1913/2013

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Questo lavoro dà spazio a storie vissute dallo scrittore o a lui rac¬contate da altri testimoni senza distaccarsi da ciò che è reale e scien¬tificamente provato da atti e delibere. È il canto di un immigrato che non si sente più tale, come è giusto che sia. Se, infatti, la storia viene interrogata senza etnocentrismi, essa ci dice che l’autoctonia è un mito: non esiste lo jus soli in quanto non è importante dove si nasce ma l’appartenenza che si acquisisce con l’adozione. Nella vita siamo tutti meticci. L’autore, identificandosi con il suo essere migrante, utilizza la figura più adeguata per descrivere noi stessi e i nostri contemporanei poi¬ché anche coloro che nascono, vivono e moriranno nel medesimo luogo partecipano ad un movimento di dislocazione collettiva attra¬verso i mass media e le nuove tecnologie comunicative. Ed è proprio in questo che consiste la peculiarità del presente lavoro: veicolo non soltanto di semplici informazioni ma anche di idee e rappresentazio¬ni di un mondo e dei suoi linguaggi.
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