Il piccolo grande libro della felicità

Fin dall’antichità due sono stati i sentieri per la felicità e due sono state le scuole di pensiero che, alternandosi nel corso dei secoli, le hanno teorizzate: felicità-fortuna in quanto abbondanza di beni esteriori e felicità-virtù in quanto beatitudine interiore. Tante sono ovviamente le sfumature di significato che stanno nel mezzo. Epicuro, con la cui famosa Lettera, abbiamo deciso di aprire la nostra preziosa antologia ci sembra essere rappresentativo di tutti i possibili compromessi tra piaceri del corpo e dell’anima. Il famoso filosofo greco, infatti, ammette il godimento dei beni materiali e anche di quelli corporei purché non se ne diventi schiavi, puntando tuttavia il piede sull’acceleratore della coltivazione dello spirito o, per meglio dirla con lui, dell’animo. Il tutto, e questo ci sembra assai moderno, senza doverci sentire assaliti da futili sensi di colpa. Il concetto ci sembra quanto mai attuale proprio perché riassume in sé il significato che la filosofia contemporanea ha tornato a dare al concetto di felicità: l’utile come fondamento del bene. Un’azione diventa motore di ricerca per la felicità in quanto valore morale, se è utile per l’accrescimento del singolo e al tempo stesso di tutti gli altri individui. Utilità privata se unita all’interesse pubblico. Questo è esattamente ciò che già ci insegnava Epicuro.