L’Italia chiamò

150 anni di canzoni nazionali e politiche

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La parte più vicina a noi della storia d’Italia, dispone di una sorta di colonna sonora sicuramente unica nel suo genere. Vittorie ma anche sconfitte, speranze ma anche delusioni sono state sempre sottolineate da canti che talvolta raggiungevano la solennità degli inni. È appunto questa eredità culturale, spesso esaltante talvolta scomoda, che si tenta qui di recuperare. E se agli albori del Risorgimento ci si avvalse di brani ricavati dal melodramma, come è il caso di “Va’ pensiero”, presto si poté contare su testi, come l’“Inno di Mameli”, scopertamente composti per i patrioti. Si nutrono, gli anni del Risorgimento, di canti di origine popolare quali “Addio mia bella addio” e “La bella Gigogin”, ma già la grande guerra inizialmente caratterizzata da canti creati dai soldati stessi, come “Sul ponte di Bassano”, riceve una benefica scossa da “La leggenda del Piave”, versi e musica di un postelegrafonico napoletano. I fascisti con “Me ne frego”, i socialisti con “Bandiera rossa”, i popolari con “Bianco fiore” caratterizzano il primo dopoguerra. Poi il regime con “Giovinezza”, “Fischia il sasso” e chi più ne ha più ne metta. E l’impresa d’Etiopia con “Faccetta nera”. E la seconda guerra mondiale con “La sagra di Giarabub” e “La canzone dei sommergibili” ma anche con la struggente “Lilì Marlen” che accomuna in un abbraccio i soldati di tutti gli eserciti in lotta. Si canterà ancora dopo l’8 settembre: “Le donne non ci vogliono più bene” da una parte, “Bella ciao” da un’altra. Sessant’anni di silenzio e poi, di nuovo, l’“Inno di Mameli”. L’Italia s’è desta?

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Titolo L’Italia chiamò
Sottotitolo

150 anni di canzoni nazionali e politiche

Autore Vittorio Paliotti
ISBN 9788887365931
Editore Franco Di Mauro Editore
Pagine/durata 192
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