Eternità e storicità della filosofia

“In Italia non regna più nelle menti la figura del "Filosofo", del puro, del sublime “Filosofo”, di colui che, incurioso delle cose piccole, sta intento a risolvere il gran problema, il problema dell’Essere: non vi regna più, perché (se bisogna de la verità, ancorché con qualche offesa della modestia) quel "Filosofo” io l’ho fatto morire”. Questa nota satirica sulla figura sublime del Filosofo e su quella comica del "professore di filosofia” fu scritta da Benedetto Croce il 15 agosto 1929 e pubblicata su "La Critica", XXVIII, 1930 per poi essere ripresa come conclusione del volumetto “Eternità e storicità della filosofia uscito nello stesso anno come XXI titolo del "Quaderni critici” ideati e voluti da Domenico Petrini. Il Petrini nacque il 29 marzo 1902 a Rieti e si laureò a vent'anni con Cesare De Lollis. Insegnò italiano, storia e geografia alla Reale Scuola Complementare Ruggero Bonghi di Napoli. In questa circostanza, durata pochi mesi - prima di far ritorno a Rieti e Insegnare al Liceo Marco Terenzio Varrone - conobbe Croce, il quale era bendisposto verso i giovani quando si rendeva conto che non perdevano tempo e non ne facevano perdere a lui. Purtroppo, il giovane Petrini morì che non aveva nemmeno trent'anni. Ma la sua collaborazione con Croce fu davvero proficua e il volumetto Eternità e storicità della filosofia, che poi il filosofo ripubblicò nel libro Ultimi saggi, lo testimonia al meglio. In queste pagine il filosofo dello "storicismo assoluto" e della "religione della libertà” chiarisce l'idea della filosofia, che è legata a doppio filo con la vita e la storia, e il lavoro del filosofo che non può far altro che affratellarsi con la via e la storia per difendere la libertà