La Scirocca

Mito e vicende umane a volte coincidono. Accade in questo romanzo, dove il corpo nell'intera storia mantiene un ruolo centrale. Agli occhi avidi di Ida - quella lingua di terra, mai svelata in queste pagine, ma visibilmente intesa come Prochyta emersa dal bacile d'acqua, fuoco e lapilli dei Campi Ardenti - parve una visione, il segnale di un disegno cui non avrebbe potuto sottrarsi. "Uccelli cicale mosconi canne edere, barriere di rose e gelsomini...". Luogo da attraversare con Enzo, enigmatico ragazzo isolano, abile nell'articolare la sua stramba lingua. Un messaggio senza parole, per Ida, simile a quello che suo padre Angelo da sempre le aveva indicato: "cercare le cose oltre le cose". L'incontro di Ida, la Scirocca, con Enzo presto diventò faro sulla sua disattesa domanda di essere amata, certa che le urla stralunate del giovane avrebbero portato a "chissà quali cambiamenti". Per questo lei lo cercava, seguendolo come fosse un aquilone. Una voracità di amore che farà da specchio anche alle altre figure del romanzo, animando un ventaglio di aspettative, e follie parallele, perfino ferocia, cui Nilde ricorreva per cancellare ogni segno che la connotasse come donna. Ida, divisa tra Manuele e Piero, li scoprì nutriti della determinazione di considerare il suo corpo "terreno dove semplicemente avanzare", quindi estranei alla visionaria purezza di Enzo nel riscattare la carne, e farne puro ingombro. Storie sullo sfondo di un Sud felix, ma comunque attraversato da inquietudini dell'anima. Una furia di vivere, morbo che torna e ancora ritorna, ellisse che inizia dove finisce, disegno di vento pazzo: Shurhùq, nel quale Ida - pur temendolo - si riconosce in un uguale delirio. Consacrato dalla leggenda per il suo potere sul destino degli uomini, sarà, lui, il Vento, a rivelarsi il vero protagonista tra la folla di comprimari di questo romanzo. Un Mangiafuoco che a folate divora la sua stessa incapacità di essere altro.